La riflessione tra hard e soft policies, a cui corrisponde il dibattito sul ruolo del progetto da strumento di razionalizzazione e organizzazione dell’inefficiente, a processo capace di accettare il disordine quale alternativa percorribile, costituisce un tema attuale se si guarda alla declinazione sul territorio dei progetti PNRR: Se infatti il Piano punta a costruire strumenti di coerenza e convergenza territoriale sanando gli squilibri territoriali e sociali attraverso una riforma strutturale e intersettoriale, d’altra parte l’applicazione dall’alto e in tempi contratti degli interventi non definisce le condizioni ideali per ricucire lo strappo tra lo sguardo zenitale tradizionale e un approccio più laterale, parziale e multiforme. Lo spostamento del confronto alla fase operativa di interventi che puntano alla rigenerazione di ambiti degradati dal punto di vista materiale e immateriale, di fatto carica gli attori locali del compito di verificarne l’applicabilità, adeguatezza e adattabilità al territorio in un quadro normativo complesso e rigido. Un compito non sempre fattibile che quindi rischia di acuire le disuguaglianze piuttosto che recuperarle. L’articolo affronta questo tema analizzando due progetti: in entrambi i casi il passaggio dal layer urbanistico a quello dei PFTE alleggeriti e, infine, al progetto, in condizioni nelle quali il rapporto tra ordine imposto e disordine reale è estremamente complesso e intrecciato, ha esacerbato il rapporto tra hard e soft policies. Questo salto scalare-procedurale, incapace di interpretare la distanza tra governo e locale, implica spostare questo contrasto in maniera rigida e disfunzionale. Nello specifico si propone la lettura di queste criticità in due progetti romani, diversi per tipologia e condizioni di applicazione. In prima analisi gli interventi del PUI Corviale relativi alla riqualificazione degli edifici del Centro Polifunzionale Nicoletta Campanella della Piazza delle Arti e dell’Artigianato. A seguire il caso, diverso per scala e contenuti, del Comparto R5 di Tor Bella Monaca. In entrambi i progetti il rapporto tra le rigidità tecniche e procedurali imposte e il territorio ha reso necessario un approccio capace di addomesticare l’informale incorporandolo nella fase tecnica del progetto. Si definisce così una forma orizzontale di governance nella quale le strutture gerarchiche della pianificazione aprono ad un approccio più collaborativo. Se queste condizioni, proprio per la loro specificità, non costituiscono un sistema replicabile, appare necessario dare centralità a questo vuoto procedurale che rischia, anche considerando la recente riforma del sistema degli appalti, di accentuare la distanza tra ordine e disordine, hard e soft, piano e progetto.

Il progetto come luogo di decentralizzazione / Desideri, Federico; Berretta, Tommaso. - (2024), pp. 265-270. - ACCADEMIA.

Il progetto come luogo di decentralizzazione

Federico Desideri
;
Tommaso Berretta
2024

Abstract

La riflessione tra hard e soft policies, a cui corrisponde il dibattito sul ruolo del progetto da strumento di razionalizzazione e organizzazione dell’inefficiente, a processo capace di accettare il disordine quale alternativa percorribile, costituisce un tema attuale se si guarda alla declinazione sul territorio dei progetti PNRR: Se infatti il Piano punta a costruire strumenti di coerenza e convergenza territoriale sanando gli squilibri territoriali e sociali attraverso una riforma strutturale e intersettoriale, d’altra parte l’applicazione dall’alto e in tempi contratti degli interventi non definisce le condizioni ideali per ricucire lo strappo tra lo sguardo zenitale tradizionale e un approccio più laterale, parziale e multiforme. Lo spostamento del confronto alla fase operativa di interventi che puntano alla rigenerazione di ambiti degradati dal punto di vista materiale e immateriale, di fatto carica gli attori locali del compito di verificarne l’applicabilità, adeguatezza e adattabilità al territorio in un quadro normativo complesso e rigido. Un compito non sempre fattibile che quindi rischia di acuire le disuguaglianze piuttosto che recuperarle. L’articolo affronta questo tema analizzando due progetti: in entrambi i casi il passaggio dal layer urbanistico a quello dei PFTE alleggeriti e, infine, al progetto, in condizioni nelle quali il rapporto tra ordine imposto e disordine reale è estremamente complesso e intrecciato, ha esacerbato il rapporto tra hard e soft policies. Questo salto scalare-procedurale, incapace di interpretare la distanza tra governo e locale, implica spostare questo contrasto in maniera rigida e disfunzionale. Nello specifico si propone la lettura di queste criticità in due progetti romani, diversi per tipologia e condizioni di applicazione. In prima analisi gli interventi del PUI Corviale relativi alla riqualificazione degli edifici del Centro Polifunzionale Nicoletta Campanella della Piazza delle Arti e dell’Artigianato. A seguire il caso, diverso per scala e contenuti, del Comparto R5 di Tor Bella Monaca. In entrambi i progetti il rapporto tra le rigidità tecniche e procedurali imposte e il territorio ha reso necessario un approccio capace di addomesticare l’informale incorporandolo nella fase tecnica del progetto. Si definisce così una forma orizzontale di governance nella quale le strutture gerarchiche della pianificazione aprono ad un approccio più collaborativo. Se queste condizioni, proprio per la loro specificità, non costituiscono un sistema replicabile, appare necessario dare centralità a questo vuoto procedurale che rischia, anche considerando la recente riforma del sistema degli appalti, di accentuare la distanza tra ordine e disordine, hard e soft, piano e progetto.
2024
Progettare nel disordine - progettare il disordine. Riordinare le fragilità urbane
978-88-7603-263-9
progetto; rigenerazione urbana; Roma; Corviale; Tor Bella Monaca
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Il progetto come luogo di decentralizzazione / Desideri, Federico; Berretta, Tommaso. - (2024), pp. 265-270. - ACCADEMIA.
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